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Quali soci può avere un Ente del Terzo Settore diverso da una impresa sociale?

Al quesito, o meglio ai quesiti, risponde il Ministero del Lavoro con la Nota n. 1082 del 5.2.2020.

Il primo quesito proviene dalla Regione Piemonte che si chiede se ci siano dei limiti rispetto alla possibilità per un Ente del Terzo Settore di avere tra i propri aderenti soggetti collettivi senza scopo di lucro.

Il Ministero evidenzia che con riferimento alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale sono previsti dei vincoli finalizzati a non snaturare la profilazione soggettiva di queste tipologie di Enti del Terzo settore.

In particolare, entrambe le tipologie associative possono avere tra i propri aderenti anche soggetti del Terzo Settore o realtà senza scopo di lucro ma nelle organizzazioni di volontariato tali organismi non possono essere di numero superiore al 50% del numero delle organizzazioni di volontariato aderenti (art. 32 del CTS) mentre nelle associazioni di promozione sociale gli stessi non devono essere superiori al 50% del numero delle associazioni di promozione sociale aderenti (art. 35 del CTS).

A mero titolo esemplificativo, una organizzazione di volontariato può avere come soci oltre alle persone fisiche anche soci collettivi senza scopo di lucro ma a fronte di un aderente collettivo senza scopo di lucro o comunque Ente del Terzo Settore dovrà avere almeno due organizzazioni di volontariato aderenti. In presenza quindi di una sola organizzazione di volontariato aderente, non potrà avere altre tipologie di associazioni senza scopo di lucro aderenti. In presenza di due organizzazioni di volontariato aderenti, potrà avere non più di un socio collettivo che non sia organizzazione di volontariato. Questo socio potrà essere un Ente del Terzo settore, ivi inclusa una impresa sociale, così come un diverso Ente senza scopo di lucro non iscritto al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

Il Ministero sembra aprire però ad una deroga laddove prevede che "l’ingresso nelle basi associative delle ODV e delle APS di enti del Terzo settore o non lucrativi - non omogenei con la tipologia dell’associante dovrebbe essere consentito solo qualora nelle medesime basi associative siano comunque presenti, in numero adeguato, Enti aventi la stessa natura dell’ente interessato (e a condizione che l’associabilità di tali soggetti sia contemplata nello statuto)". Sembra pertanto possibile, a mero titolo esemplificativo, che una Organizzazione di volontariato possa avere come unico socio collettivo un Ente del Terzo Settore generico quando lo stesso sia composto in maniera significativa da organizzazioni di volontariato. 

Tali vincoli – evidenzia il Ministero – non comprimono l’autonomia decisionale degli enti che qualora intendano dotarsi di un diverso assetto associativo possono mantenere la qualifica di Ente del Settore ma dovranno assumere una diversa veste di Ente del Terzo Settore.

Il secondo quesito proviene dal Forum nazionale del Terzo settore che si chiede se un ETS possa essere soggetto al controllo di un’unica impresa o soggetto ad un controllo congiunto.

Il dubbio è legato alla circostanza che tale condizione è espressamente esclusa per le imprese sociali (ex art. 4, comma 3 del D.Lgs. 03/07/2017, n. 112) mentre nel Codice del Terzo settore, viene previsto che non possano esercitare sugli ETS alcuna forma di direzione, coordinamento e controllo, fatte salve le eccezioni ivi tipizzate, le pubbliche amministrazioni, le formazioni e associazioni politiche, i sindacati e le associazioni datoriali, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche ma non si fa riferimento alle imprese for profit.

Il Ministero, alla luce sia del principio dell’autonomia degli enti già richiamato sia, con riferimento al rapporto tra Codice del Terzo settore e disciplina dell’impresa sociale, di quello di specialità, evidenzia che la preclusione non è estensibile nei confronti della generalità degli ETS, tali limitazioni operano pertanto esclusivamente nei confronti delle ODV e delle APS che non possono avere tra i propri soci imprese.

Ne consegue che gli ETS diversi dalle imprese sociali, dalle APS e dalla ODV possono avere tra i propri soci anche le imprese, in continuità tra l’altro con l’indirizzo interpretativo già fornito dall’Agenzia delle Entrate in tema di ONLUS (Circolare n. 38/E del 1° agosto 2011). L’esistenza di una forma di controllo in ogni caso non potrà essere tale da violare i principi qualificanti l’Ente del Terzo Settore ossia il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale e lo svolgimento in via esclusiva o principale di una o più attività di interesse generale nelle forme (azione volontaria, erogazione gratuita di denaro, beni o servizi ecc.) proprie della tipologia di enti cui di volta in volta ci si riferisce.

Arsea Comunica n. 14 del 8/02/2020

 

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