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Raccolta fondi tra regime attuale e novità della Riforma del Terzo settore.

Una delle leve attraverso cui il legislatore ha inteso sostenere le associazioni senza scopo di lucro è rappresentata dalle attività di raccolta fondi: occasioni nel corso delle quali le associazioni possono svolgere un’attività di per sé commerciale vendere beni[i] di modico valore (es: le stelle di Natale piuttosto che le uova a Pasqua) o effettuare servizi ai sovventori (es: lattività di ristorazione[ii]) e non pagare le tasse.

Tale attività è subordinata al rispetto di determinati requisiti ed è assoggettata a diversi regimi fiscali: procediamo con ordine.

 

Lorganizzazione di un’attività di raccolta fondi nel 2018 e fino allentrata in vigore del nuovo regime fiscale previsto per gli Enti del Terzo settore.

In primo luogo, è necessario ricordare che il legislatore ha inteso agevolare questa attività come forma di autofinanziamento: i fondi raccolti non vanno pertanto destinati a terzi, per quanto svolgano attività meritevoli, fatta eccezione per quei sodalizi che statutariamente si occupano di beneficenza o nel caso in cui il sodalizio sia partner del destinatario nella realizzazione di un progetto.

Sotto il profilo organizzativo si evidenziano i seguenti vincoli e strumenti:

1)   è opportuno che il Consiglio Direttivo deliberi di organizzare la singola attività di raccolta fondi: sarà quindi opportuno predisporre un budget e definire chi fa cosa e con quale tempistica;

2)   è necessario che lassociazione comunichi preventivamente alla SIAE lorganizzazione dellevento di raccolta fondi nel caso in cui organizzi attività di intrattenimento: solo in questo modo non si è soggetti alla relativa imposta (ex art. 23 del DLgs 460/1997);

3)   è necessario che il Consiglio predisponga e sottoponga alla delibera dellAssemblea dei soci un rendiconto per ogni singola attività di raccolta fondi corredato da una relazione sullattività organizzata. Nel caso in cui non sia approvato il rendiconto, tutti gli introiti percepiti si considerano di natura commerciale salvo che sia comunque desumibile linformazione dal bilancio corredato dalla necessaria documentazione (Agenzia delle Entrate Circolare n. 9 del 24 aprile 2013).

Il regime fiscale è infine differenziato a seconda che si tratti di:

a)   associazioni sportive dilettantistiche e associazioni pro-loco in regime ex Lege 398/1991;

b)   associazioni di natura diversa.

Nel secondo caso, le associazioni applicano le seguenti regole:

1)   non applicano le imposte dirette sui “fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione” (ex art. 143, comma 3, lettera a), del TUIR);

2)   le attività indicate nell'articolo 143, comma 3, lettera a), del TUIR, fermo restando il regime di esclusione dall'imposta sul valore aggiunto, sono esenti da ogni altro tributo (ex art. 2 del DLgs 460/1997).

L’attività di raccolta fondi deve essere pertanto di natura occasionale.

Il DLgs 460/1997 prevedeva che con decreto del Ministro delle Finanze si sarebbero potuti stabilire condizioni e limiti affinché l'esercizio delle attività di raccolta fondi potesse considerarsi occasionale, ma tale Decreto non è mai stato approvato.

Possiamo affermare che una raccolta fondi si definisce occasionale anche se ripetuta ogni anno nella stessa giornata perché in tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate nel definire occasionali i servizi erogati nel corso del Palio di Siena (Risoluzione del 19.10.1987 n. 323543).

Sappiamo – precedenti di accertamenti fiscali ne danno riscontro – che il concetto di occasionalità deve essere valutato anche con riferimento alla durata dell’evento: una sagra di un mese, per quanto sia organizzata una volta all’anno, si presta ad essere contestata come evento occasionale.

Ebbene gli enti non commerciali (quindi non solo le associazioni ma anche comitati, fondazioni, Enti religiosi che si qualifichino tali) possono occasionalmente autofinanziarsi attraverso attività propriamente commerciali senza alcun limite in termine di entrate, non applicando l’iva sui relativi introiti e non liquidando le imposte dirette (IRES/IRAP).

Diverso è il regime delle associazioni sportive e delle pro loco che abbiano optato per il regime di cui alla Legge 398/1991: in questi casi infatti si applica l’articolo 25 della Legge 133/1999 ai sensi del quale

“non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attività culturali:

a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali;

b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all'articolo 108, comma 2 - bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di formazione del reddito complessivo”.

La disciplina appare sostanzialmente diversa, atteso che in questo caso:

1)   viene espressamente definito il concetto di occasionalità: si parla di massimo due eventi all’anno;

2)   viene previsto un tetto alle agevolazioni fiscali: non si versano le imposte per ricavi fino ad un massimo di € 51.645,69, nel senso che il ricavato che supera detto plafond deve essere assoggettato a tassazione;

3)   non viene prevista una agevolazione ai fini IVA e conseguentemente l’imposta è da liquidare, non essendo possibile in materia fiscale, applicare il principio di interpretazione analogica.

Tale regime – si ricorda – non trova applicazione a tutte le associazioni in regime 398 ma esclusivamente alle proloco (ex art. 25 comma 1bis L. 133) e alle associazioni sportive dilettantistiche (ex art. 25 comma 2 L. 133).

 

Lorganizzazione di una attività di raccolta fondi quando entra in vigore il nuovo regime fiscale previsto per gli Enti del Terzo settore: alcuni dubbi interpretativi.

Per quanto concerne gli Enti del Terzo settore, si ricorda che il nuovo regime troverà applicazione solo nell’esercizio successivo all’implementazione del Registro Unico, acquisito il parere favorevole dell’Unione europea. Presumibilmente si parla del 2020.

Gli enti non commerciali che non si iscrivono nel Registro Unico del Terzo settore potranno applicare il regime attualmente vigente.

Le uniche novità sono rappresentate

1)   dalla circostanza che le pro loco non potranno più applicare il regime di cui alla Legge 398/1991, divenendo di esclusiva delle associazioni e società sportive dilettantistiche, e

2)   dall’abrogazione della norma che prevede l’esenzione dall’imposta sugli intrattenimenti su tali eventi[iii] per i sodalizi che non si qualifichino come Enti del Terzo settore.

Il Codice del Terzo Settore[iv] disciplina la raccolta fondi offrendo una prima definizione normativa: tale si intende “il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da un ente del Terzo settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva”.

Una concezione quindi ampia, che ingloba l’attività di sollecitazione di donazioni.

Il legislatore ha inoltre ritenuto opportuno specificare che questa attività possa essere realizzata

“anche in forma organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie e di terzi, inclusi volontari e dipendenti, nel rispetto dei principi di verità, trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico, in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di cui all'articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo settore”.

Attendiamo quindi il Decreto ministeriale che definirà le linee guida per la realizzazione delle attività di raccolta fondi.

La circostanza che sia evidenziato come l’attività possa essere realizzata in forma continuativa non deve creare illusioni sul piano delle agevolazioni fiscali: l’articolo 79 del Codice del Terzo settore prevede infatti che non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti del Terzo settore non commerciali

“i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione”.

Le attività di raccolta fondi fiscalmente agevolate sono esclusivamente quelle occasionali, da cui consegue la necessità di adottare gli eventi in relazione ai quali utilizzare le agevolazioni fiscali. Sul punto forse interverranno le stesse linee guida nell’offrire accorgimenti tecnici.

Si evidenzia che le sollecitazioni al pubblico di donazioni non rappresentano però in ogni caso attività fiscalmente rilevanti, mancando il rapporto di sinallagmaticità. Ne consegue che l’associazione potrebbe svolgere attività di raccolta fondi attraverso sollecitazioni al pubblico anche nel corso di tutto l’anno, non mutando la natura fiscale del ricavato.

Si evidenzia però che la norma in questione nulla dice in tema di IVA. È vero che l’agevolazione IVA sulle raccolte fondi è contenuta nell’art. 2 del DLgs 460/1997 che non viene abrogato ma tale norma afferma l’esclusione dall’IVA, e da ogni altro tributo, dei ricavi connessi alle attività di cui all’articolo 143 del TUIR, disposizione che non si applica espressamente agli Enti del Terzo settore[v].

Si ritiene pertanto urgente un correttivo che specifichi il regime di non assoggettamento ad IVA – e ad ogni altro tributo – delle attività di raccolta fondi realizzate non solo ai sensi del citato art. 143 del TUIR, ma anche ai sensi dell’art. 79, comma 4°, del CTS.

In materia di imposta sugli intrattenimenti, l’articolo 82 del CTS riafferma quanto è previsto dall’articolo 23 del DLgs 460/1997: l'imposta non è dovuta per le attività di intrattenimento svolte dagli Terzo settore, comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, occasionalmente o in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. L'esenzione spetta a condizione che dell'attività sia data comunicazione, prima dell'inizio di ciascuna manifestazione, alla SIAE.

Arsea comunica n. 31 del 9/04/2018 

 

 



[i] La vendita di beni nuovi è sempre attività commerciale (ex art.148 quarto comma del TUIR) salvo che non sia svolta nell’ambito di un gruppo di acquisto solidale (GAS) in cui non si prevede alcun ricarico e alcun magazzino

[ii] La somministrazione di pasti costituisce sempre attività commerciale, ai sensi dell’art.148, quarto comma, del TUIR, ancorché sia diretta esclusivamente ai soci

[iii] per effetto dell’art. 102 del CTS che abroga sia la disposizione che estende a alle pro loco il regime di cui alla Legge 398 che l’art. 23 del DLgs 460/1997 che disciplina l’agevolazione in materia di imposta sugli intrattenimenti

[iv] DLgs 117/2017

[v] Ex art. 89 del CTS

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